martedì 14 maggio 2002, S. Mattia, Apostolo
Ricerca consiglia i retinoidi
Il «caso uranio»: fra le cure spunta Di Bella
di Vincenzo Brancatisano
"Quello dell'uranio impoverito è un problema più politico che scientifico". Le rivelazioni della Gazzetta (articolo di Stefano Bellentani) circa lo studio sulla contaminazione dei soldati italiani da uranio usato nei Balcani, studio affidato all'equipe del professor Umberto Torelli della Divisione di Ematologia del nostro Policlinico, hanno indotto la reazione dell'Istituto Europeo di Ricerca e Sviluppo nel Sociale di Milano. Il ricercatore dell'Ierss, Marco Saba, sostiene che "il problema della contaminazione da uranio impoverito, che poi si è rivelato contaminato da Plutonio ed altri metalli pesanti poiché fu fabbricato negli Usa mischiando al U-238 scarti di centrali nucleari, è un problema squisitamente politico più che scientifico, come ha già sottolineato il professor Asaf Durakovic, ex responsabile medico del Pentagono per la questione dell'uranio impoverito. Questo professore, costretto a lasciare il lavoro negli Usa per pressioni politiche, esercita ora come specialista di medicina nucleare all'Ospedale e Centro Ricerca "King Faisal" a Riad in Arabia Saudita. L'uranio impoverito fu usato e viene usato ancora nella realizzazione delle ogive dei proiettili per la sua micidiale capacità di penetrazione, ma trova utilizzo in altre forme, quale ad esempio quello del contrappeso negli aerei di linea. C'è chi sospetta, in merito, che questi usi siano preordinati alla necessità di smaltimento di materiale radioattivo fuoriuscito dalle centrali nucleari. La questione è nota da molti anni ma solo da poco tempo ha ottenuto la giusta attenzione, a causa dell'incredibile numero di malattie neoplastiche associate in qualche modo con l'uso dell'uranio nelle zone di guerra. L'anno scorso fu costituita una commisione presieduta dall'ematologo romano Mandelli, che in pochi giorni decretò l'ininfluenza dell'uranio nella sospetta produzione delle patologie tumorali tra i soldati, ma quella decisione suscitò polemiche non solo tra gli ufficiali e le famiglie delle vittime. Marco Saba fu tra i primi a denunciare il pericolo connesso all'uso dell'uranio. Ora scende in campo per dire che nelle more degli studi, che si preannunciano anche interessanti, occorre fare qualcosa per disintossicare le migliaia di potenziali vittime, si pensi solo all'Iraq. Tra le vittime inconsapevoli, forse, anche soldati e volontari italiani che furono in missione nei posti dove fu massiccio l'uso dell'uranio.
Spiega Saba: "Mentre gli specialisti si perdono in disquisizioni per cercare di attribuire le patologie associabili all'inquinamento radioattivo alle più svariate cause (vaccini, meteoriti extragalattiche, mucche pazze e altro), non si pensa altrettanto a provvedere a curare per quanto possibile gli effetti di questa contaminazione". Saba ricorda che esistono prodotti in commercio, i retinoidi, che in qualche modo si ricollegano a Modena, visto che sono i farmaci usati dal professor Luigi Di Bella nella sua discussa terapia anticancro. "Dalla nostra ricerca abbiamo trovato che la somministrazione della soluzione ai retinoidi (vitamina A, Betacarotene sciolti in vitamina E, ndr., farmaco di riferimento della Mdb, ndr.) associata all'Alginato di Sodio, procura da un lato il rinforzamento del sistema immunitario e dall'altro riduce l'emivita biologica dei radionucleidi ingeriti. E proprio da questa ricerca nasce il progetto di realizzare a Bassora in Iraq un'industria farmaceutica con la partecipazione di Snam-Progetti ed il patrocinio dell'Irss della Fondazione Oasi. Bene comunque che qualcosa si muova in Italia almeno per sensibilizzare l'opinione pubblica".