AMBIENTE - ITALIA, AMBIENTE
«Desecretare i dossier sui rifiuti»
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/10165/
Greenpeace chiede ai presidenti di Camera e Senato di
rendere pubblici più di seicento fascicoli della
commissione parlamentare d'inchiesta sul traffico dei
rifiuti tossici
Greenpeace chiede ai presidenti di Camera e Senato di
rendere pubblici più di seicento fascicoli della
commissione parlamentare d'inchiesta sul traffico dei
rifiuti tossici
Sono più di seicento i dossier segreti dell'ultima commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti coperti dal segreto parlamentare. Migliaia di pagine che neanche i deputati e i senatori possono oggi consultare. Un tesoro di verità nascoste che si aggiunge ad un numero simile di dossier accumulato nelle due precedenti commissioni, quella presieduta da Massimo Scalia e quella guidata da Paolo Russo. Rapporti firmati nella stragrande maggioranza dai due servizi di intelligence italiani, l'Aisi e l'Aise, sigle che nel 2007 hanno sostituito il Sisde e il Sismi. E ancora, una fitta corrispondenza tra il Copasir diretto da Massimo D'Alema e la commissione presieduta da Gaetano Pecorella, con oggetto le «navi dei veleni», i traffici con la Somalia e la figura dell'imprenditore Giorgio Comerio, l'uomo che voleva affondare negli anni '90 le scorie radioattive in fondo al mare.
La lista degli omissis
Greenpeace - dopo la desecretazione dei verbali di Carmine Schiavone - ha chiesto nei giorni scorsi al presidente del Senato Pietro Grasso e della Camera Laura Boldrini di aprire definitivamente le porte degli archivi, rendendo pubbliche le migliaia di pagine accumulate durante i lavori parlamentari. La lettera - firmata dal direttore esecutivo Giuseppe Onufrio - ricorda come «di "misteri irrisolti" italiani ce ne sono fin troppi». Per poi proseguire: «La Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha raccolto una mole considerevole di atti e testimonianze che, sebbene non decisivi a livello giudiziario, ha contribuito a far luce su errori, omissioni, trascuratezze che hanno segnato il percorso pressoché impunito di individui che, in base a molti indizi, tracce e riscontri obbiettivi, apparivano come elementi di una rete di trafficanti che percorrevano i diversi sentieri del contrabbando di sigarette e di armi, di tecnologie avanzate e rifiuti, con solide basi e referenti finanziari all'estero». Imprenditori, mediatori, broker che muovevano navi nel Mediterraneo, partendo da porti strategici come quello di La Spezia, di Marina di Carrara, di Livorno, di Talamone, su rotte dirette verso i paesi africani, come la Somalia. Contaminando milioni di persone, sversando - come dimostrato ampiamente da diverse inchieste giudiziarie e giornalistiche - i veleni delle «grandi marche» europee sulle spiagge di Koko in Nigeria, nell'entroterra di Beirut, a Puerto Cabello in Venezuela e nel nord del Corno d'Africa, zona tradizionalmente sotto l'influenza italiana. Rotte di rifiuti e molto spesso di armi, trame che hanno visto la partecipazione - o almeno la vigilanza discreta - dei nostri servizi di sicurezza. Chiara, alla fine, la richiesta di Greenpeace: «Per tale ragione La preghiamo di adoperarsi affinché tutti i materiali acquisiti in oltre dieci anni di attività dalla Commissione, sui traffici internazionali di rifiuti e sulle cosiddette "navi a perdere" vengano resi pubblici, inclusi quelli ancora sottoposti a segretezza».
I silenzi dei servizi segreti
Un passo avanti lo aveva fatto la commissione guidata da Gaetano Pecorella alla fine della scorsa legislatura, desecretando le audizioni dei vertici dei servizi segreti italiani. Di fronte ai commissari parlamentari nel 2011 si sono presentati l'ex direttore del Sismi Sergio Siracusa, il direttore dell'Aise Adriano Santini e quello dell'Aisi Giorgio Piccirillo, proponendo una lunga serie di «non so», «non ho memoria», al punto da far concludere la commissione bicamerale con una nota di censura nei confronti della «dedotta ignoranza ufficiale dei servizi» dovuta «a negligenza o a ragioni inconfessabili».
Nel corso dell'audizione al generale Siracusa, ad esempio, Gaetano Pecorella cita un documento del Sismi del 2004 in cui risulterebbero contatti avvenuti tra gli anni '90 e il 2001 tra Giorgio Comerio e il personale dell'ottava divisione del Sismi, grazie all'interessamento della Guardia di Finanza (vedi articolo in questa pagina). Non solo dunque l'ingegnere delle scorie nucleari sarebbe stato «attenzionato» dai servizi - come vorrebbe la verità «ufficiale» - ma avrebbe avuto contatti con i funzionari per instaurare un rapporto fiduciario con l'intelligence italiana. Peccato che quel documento sia sottoposto a segreto. Come l'informativa del Sismi del 2 agosto 1995 in cui il servizio militare farebbe riferimento a un «traffico abusivo di rifiuti radioattivi» e a una «nave di Comerio»: quale nave? Nell'estate del '95, snodo cruciale delle indagini sulle navi a perdere, il legame tra Giorgio Comerio e l'affondamento delle navi era un risultato investigativo strettamente riservato dovuto al lavoro di Natale De Grazia - l'ufficiale della marina morto per «causa tossica» durante le indagini il 13 dicembre del 1995 - e degli agenti della Forestale di Brescia. Dunque i servizi si sono in realtà occupati delle navi scomparse? Oppure il documento spiegherebbe le denunce degli investigatori che ricordano di essere stati inseguiti e controllati da «apparati occulti» nei mesi che precedono la morte di De Grazia? Anche sul documento 294/27, però, c'è il segreto.
Somalia connection
Non è possibile, poi, leggere la fitta letteratura sulla Somalia e sui traffici di armi e rifiuti che hanno coinvolto il nostro paese. Al «manifesto» risulta che almeno una decina di fascicoli sul paese del Corno d'Africa sarebbero stati inviati dal Copasir diretto da Massimo D'Alema alla commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti. Su tutti questi documenti c'è il vincolo del segreto. Come ancora segreti sono moltissimi dossier contenuti negli atti della commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E qui c'è un'evidente contraddizione: i servizi di sicurezza hanno sempre affermato di non sapere nulla sui viaggi verso la Somalia. Eppure i loro archivi sarebbero infarciti di documentazione riservata, nonostante siano ormai passati quasi vent'anni dall'agguato di Mogadiscio che colpì la giornalista e l'operatore del Tg 3.
Per il momento le presidenze del Senato e della Camera non commentano ufficialmente la richiesta arrivata da Greenpeace. La procedura prevede l'avvio di una istruttoria interna per stabilire se la divulgazione delle carte segrete possa creare problemi ad inchieste giudiziarie. Una procedura che è stata seguita prima di desecretare il verbale di Carmine Schiavone. In quel caso il testo dell'audizione è stato inviato per un parere alla Direzione nazionale antimafia, che - in pochi giorni - ha dato il proprio assenso. In questo caso il segreto è stato imposto, probabilmente, dai servizi d'intelligence italiani ed è probabile che a loro verrà chiesto il consenso alla divulgazione. Sarà una verifica importante per capire la trasparenza degli apparati di sicurezza civile e militare, forse la prima dopo la riforma del 2007.
La lista degli omissis
Greenpeace - dopo la desecretazione dei verbali di Carmine Schiavone - ha chiesto nei giorni scorsi al presidente del Senato Pietro Grasso e della Camera Laura Boldrini di aprire definitivamente le porte degli archivi, rendendo pubbliche le migliaia di pagine accumulate durante i lavori parlamentari. La lettera - firmata dal direttore esecutivo Giuseppe Onufrio - ricorda come «di "misteri irrisolti" italiani ce ne sono fin troppi». Per poi proseguire: «La Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha raccolto una mole considerevole di atti e testimonianze che, sebbene non decisivi a livello giudiziario, ha contribuito a far luce su errori, omissioni, trascuratezze che hanno segnato il percorso pressoché impunito di individui che, in base a molti indizi, tracce e riscontri obbiettivi, apparivano come elementi di una rete di trafficanti che percorrevano i diversi sentieri del contrabbando di sigarette e di armi, di tecnologie avanzate e rifiuti, con solide basi e referenti finanziari all'estero». Imprenditori, mediatori, broker che muovevano navi nel Mediterraneo, partendo da porti strategici come quello di La Spezia, di Marina di Carrara, di Livorno, di Talamone, su rotte dirette verso i paesi africani, come la Somalia. Contaminando milioni di persone, sversando - come dimostrato ampiamente da diverse inchieste giudiziarie e giornalistiche - i veleni delle «grandi marche» europee sulle spiagge di Koko in Nigeria, nell'entroterra di Beirut, a Puerto Cabello in Venezuela e nel nord del Corno d'Africa, zona tradizionalmente sotto l'influenza italiana. Rotte di rifiuti e molto spesso di armi, trame che hanno visto la partecipazione - o almeno la vigilanza discreta - dei nostri servizi di sicurezza. Chiara, alla fine, la richiesta di Greenpeace: «Per tale ragione La preghiamo di adoperarsi affinché tutti i materiali acquisiti in oltre dieci anni di attività dalla Commissione, sui traffici internazionali di rifiuti e sulle cosiddette "navi a perdere" vengano resi pubblici, inclusi quelli ancora sottoposti a segretezza».
I silenzi dei servizi segreti
Un passo avanti lo aveva fatto la commissione guidata da Gaetano Pecorella alla fine della scorsa legislatura, desecretando le audizioni dei vertici dei servizi segreti italiani. Di fronte ai commissari parlamentari nel 2011 si sono presentati l'ex direttore del Sismi Sergio Siracusa, il direttore dell'Aise Adriano Santini e quello dell'Aisi Giorgio Piccirillo, proponendo una lunga serie di «non so», «non ho memoria», al punto da far concludere la commissione bicamerale con una nota di censura nei confronti della «dedotta ignoranza ufficiale dei servizi» dovuta «a negligenza o a ragioni inconfessabili».
Nel corso dell'audizione al generale Siracusa, ad esempio, Gaetano Pecorella cita un documento del Sismi del 2004 in cui risulterebbero contatti avvenuti tra gli anni '90 e il 2001 tra Giorgio Comerio e il personale dell'ottava divisione del Sismi, grazie all'interessamento della Guardia di Finanza (vedi articolo in questa pagina). Non solo dunque l'ingegnere delle scorie nucleari sarebbe stato «attenzionato» dai servizi - come vorrebbe la verità «ufficiale» - ma avrebbe avuto contatti con i funzionari per instaurare un rapporto fiduciario con l'intelligence italiana. Peccato che quel documento sia sottoposto a segreto. Come l'informativa del Sismi del 2 agosto 1995 in cui il servizio militare farebbe riferimento a un «traffico abusivo di rifiuti radioattivi» e a una «nave di Comerio»: quale nave? Nell'estate del '95, snodo cruciale delle indagini sulle navi a perdere, il legame tra Giorgio Comerio e l'affondamento delle navi era un risultato investigativo strettamente riservato dovuto al lavoro di Natale De Grazia - l'ufficiale della marina morto per «causa tossica» durante le indagini il 13 dicembre del 1995 - e degli agenti della Forestale di Brescia. Dunque i servizi si sono in realtà occupati delle navi scomparse? Oppure il documento spiegherebbe le denunce degli investigatori che ricordano di essere stati inseguiti e controllati da «apparati occulti» nei mesi che precedono la morte di De Grazia? Anche sul documento 294/27, però, c'è il segreto.
Somalia connection
Non è possibile, poi, leggere la fitta letteratura sulla Somalia e sui traffici di armi e rifiuti che hanno coinvolto il nostro paese. Al «manifesto» risulta che almeno una decina di fascicoli sul paese del Corno d'Africa sarebbero stati inviati dal Copasir diretto da Massimo D'Alema alla commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti. Su tutti questi documenti c'è il vincolo del segreto. Come ancora segreti sono moltissimi dossier contenuti negli atti della commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E qui c'è un'evidente contraddizione: i servizi di sicurezza hanno sempre affermato di non sapere nulla sui viaggi verso la Somalia. Eppure i loro archivi sarebbero infarciti di documentazione riservata, nonostante siano ormai passati quasi vent'anni dall'agguato di Mogadiscio che colpì la giornalista e l'operatore del Tg 3.
Per il momento le presidenze del Senato e della Camera non commentano ufficialmente la richiesta arrivata da Greenpeace. La procedura prevede l'avvio di una istruttoria interna per stabilire se la divulgazione delle carte segrete possa creare problemi ad inchieste giudiziarie. Una procedura che è stata seguita prima di desecretare il verbale di Carmine Schiavone. In quel caso il testo dell'audizione è stato inviato per un parere alla Direzione nazionale antimafia, che - in pochi giorni - ha dato il proprio assenso. In questo caso il segreto è stato imposto, probabilmente, dai servizi d'intelligence italiani ed è probabile che a loro verrà chiesto il consenso alla divulgazione. Sarà una verifica importante per capire la trasparenza degli apparati di sicurezza civile e militare, forse la prima dopo la riforma del 2007.