Siria: USA ammettono utilizzo uranio impoverito. Come in Iraq contro soft targets?
Anche se la notizia è stata completamente ignorata, gli Stati Uniti hanno ammesso di aver utilizzato armi all'uranio impoverito in Siria, almeno in due occasioni. Gli USA però non specificano né dove né contro quale obiettivo, che potrebbe non essere solo "blindato". E' stato rivelato infatti che in Iraq nel 2003 solo 33,2% degli obiettivi USA erano carri armati.
25/10/2016
http://www.mainfatti.it/uranio-impoverito/Siria-USA-ammettono-utilizzo-uranio-impoverito-Come-in-Iraq-contro-soft-targets_0167670033.htm
Anche se la notizia è passata completamente sotto silenzio, il 20 ottobre scorso il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha confermato che gli americani hanno sparato in Siria munizioni all'uranio impoverito
in almeno due occasioni. Nello specifico il CENTCOM conferma all'IRIN,
media che copre in particolare notizie umanitarie, che gli USA hanno utilizzato in Siria armi all'uranio impoverito (DU, depleted uranium) il 18 e il 23 novembre 2015.
D'altronde all'IRIN, che ha riportato tale notizia in esclusiva, un portavoce del Pentagono sottolinea che non esiste una "restrizione politica sull'uso dell'uranio impoverito nelle operazioni contro lo Stato Islamico", sia in Siria che in Iraq. A differenza delle mine antiuomo, delle munizioni a grappolo o delle armi batteriologiche e chimiche, non vi è infatti alcun trattato dedicato a regolamentare la produzione o l'uso di armi all'uranio impoverito. Il diritto internazionale vieta genericamente che nei conflitti armati vengano utilizzate armi che possano causare danni a lungo termine o sofferenze inutili. Incredibilmente e ipocritamente però ancora oggi, a livello ufficiale, sono assenti dati sugli effetti immediati ed a lungo termine dell'uranio impoverito sulla salute umana e sull'ambiente.
Tanto che persino Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia ed ex presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, ha avuto il coraggio di affermare che "l'uranio impoverito non fa niente" perché "sono radiazioni alfa, con un range di un decimo di millimetro: uno se lo può anche mettere in tasca. Non è pericoloso". Il problema è che la polvere di uranio impoverito non finisce in tasca ma viene inalata dalle persone che si trovano nelle zone di conflitto, sia militari che civili.
Inoltre, Veronesi dimentica che "la perturbazione (del programma genetico di duplicazione cellulare, ndr) con dei raggi ionizzanti Alfa, Beta, Gamma porta a mezzo e lungo termine a terribili conseguenze tumorali per gli individui, per le popolazioni" come denunciarono nel 2008 l'allora presidente dell'AIPRI Maurice Eugène André e l'attuale presidente, professor Paolo Scampa.
André e Scampa spiegavano: "Prodotte dalla combustione ad altissima temperatura di migliaia di tonnellate di proiettili a l'uranio impoverito, miliardi di miliardi di miliardi d'infinitesimali polveri radioattive si sono oramai equamente ridistribuite in ogni metro cubo d'aria che noi tutti respiriamo. - chiarendo - E un fatto scientificamente certificato che si tace a voi, a noi, a tutti. Sono così piccole che possono entrare senza difficoltà nel sangue tramite la respirazione o l'alimentazione per poi insediarsi nel cuore delle nostre cellule colpendone mortalmente il DNA. E un altro fatto scientificamente stabilito."
Nonostante questo, solamente da relativamente poco tempo qualche tribunale ha il coraggio di sentenziare che esiste con "inequivoca certezza" il nesso di causalità tra esposizione all'uranio impoverito e tumori, come ha affermato per esempio nel maggio 2015 la Corte d'Appello di Roma che ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire con 1 milione 300mila euro i familiari di un militare italiano ammalatosi e deceduto dopo aver partecipato ad una missione in Kosovo tra il 2002 e il 2003.
Ad aggravare la situazione il fatto che spesso (quasi sempre) chi spara armi all'uranio impoverito non rivela, neanche a distanza di anni, in quali zone del conflitto sono state utilizzate. Dati necessari per compiere studi epidemiologici, che il governo iracheno vorrebbe condurre visto che in un rapporto del 2014 della Nazioni Unite aveva espresso "la sua profonda preoccupazione per gli effetti nocivi" dell'uranio impoverito impiegato nei conflitti ed esortato i Paesi che avevano utilizzato tali armi a fornire tutte le informazioni necessarie alle autorità locali.
L'appello però è rimasto inascoltato anche se solo pochi giorni fa è stato dimostrato che durante la guerra in Iraq del 2003 gli Stati Uniti hanno utilizzato munizioni all'uranio impoverito non solo contro "carri armati, blindati o altri obiettivi corazzati". Come riporta sempre l'IRIN, in base al Freedom of Information Act il National Security Archive della George Washington University ha ottenuto nel 2013 i documenti contenenti particolari sulle almeno 181.000 cartuccere per munizioni all'uranio impoverito utilizzate nel 2003 dalle dalle forze americane in Iraq (durante la prima guerra del Golfo invece gli USA utilizzarono ben 700.000 cartuccere).
Tali documenti non sono mai stati resi pubblici ma all'inizio del 2016 tali report furono rigirati dalla George Washington University ai ricercatori della l'Ong olandese PAX e a quelli della coalizione internazionale per bandire le armi all'uranio (ICBUW). Le analisi effettuate dal PAX e ICBUW dimostrano quindi che appena il 33,2 per cento dei 1.116 obiettivi USA in Iraq erano carri armati o veicoli blindati. La maggior parte delle munizioni all'uranio impoverito infatti sono state utilizzate dagli americani contro i cosiddetti "soft targets" come automobili e camion ma anche edifici e insediamenti di truppe, e in zone popolate.
Nonostante i danni da munizioni all'uranio impoverito siano ben visibili in Iraq, compresa Baghdad, finora le forze americane non si sono sentiti obbligati a bonificare le aree e neppure a riferire agli iracheni le zone colpite. E questo anche se in diverse città irachene, tra cui Falluja, molti bambini nascono con diversi difetti congeniti (le polveri di uranio impoverito sono così piccole che colpiscono mortalmente il DNA, avvertivano André e Scampa).
Da sottolineare infine che a sparare tali armi DU sono gli stessi jet A-10 che sorvolano ancora oggi l'Iraq e la Siria (e nel 2011 la Libia).
Così, quando il CENTCOM assicura che le circa 5.100 cartuccere con munizioni all'uranio impoverito sono state sparate in Siria il 18 e il 23 novembre 2015 "a causa della natura di obiettivi" riesce difficile credere che siano stati colpiti solo blindati, soprattutto perché proprio in quelle date gli Stati Uniti hanno portato avanti una serie di attacchi contro le infrastrutture petrolifere siriane, distruggendo inoltre centinaia di camion di petrolio tra cui ben 283 solo il 22 novembre. Tale Operazione fu ribattezzata Tidal Wave II, poiché la prima fu una missione di bombardamento aereo da parte dell'Air Force dell'USAAF eseguita durante la Seconda Guerra Mondiale per distruggere le raffinerie di petrolio di Ploiesti in Romania, fondamentali per il rifornimento di carburante alle forze armate tedesche.
Senza contare che in Siria anche Israele avrebbe utilizzato "un nuovo tipo di arma, con uranio impoverito".
D'altronde all'IRIN, che ha riportato tale notizia in esclusiva, un portavoce del Pentagono sottolinea che non esiste una "restrizione politica sull'uso dell'uranio impoverito nelle operazioni contro lo Stato Islamico", sia in Siria che in Iraq. A differenza delle mine antiuomo, delle munizioni a grappolo o delle armi batteriologiche e chimiche, non vi è infatti alcun trattato dedicato a regolamentare la produzione o l'uso di armi all'uranio impoverito. Il diritto internazionale vieta genericamente che nei conflitti armati vengano utilizzate armi che possano causare danni a lungo termine o sofferenze inutili. Incredibilmente e ipocritamente però ancora oggi, a livello ufficiale, sono assenti dati sugli effetti immediati ed a lungo termine dell'uranio impoverito sulla salute umana e sull'ambiente.
Tanto che persino Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia ed ex presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, ha avuto il coraggio di affermare che "l'uranio impoverito non fa niente" perché "sono radiazioni alfa, con un range di un decimo di millimetro: uno se lo può anche mettere in tasca. Non è pericoloso". Il problema è che la polvere di uranio impoverito non finisce in tasca ma viene inalata dalle persone che si trovano nelle zone di conflitto, sia militari che civili.
Inoltre, Veronesi dimentica che "la perturbazione (del programma genetico di duplicazione cellulare, ndr) con dei raggi ionizzanti Alfa, Beta, Gamma porta a mezzo e lungo termine a terribili conseguenze tumorali per gli individui, per le popolazioni" come denunciarono nel 2008 l'allora presidente dell'AIPRI Maurice Eugène André e l'attuale presidente, professor Paolo Scampa.
André e Scampa spiegavano: "Prodotte dalla combustione ad altissima temperatura di migliaia di tonnellate di proiettili a l'uranio impoverito, miliardi di miliardi di miliardi d'infinitesimali polveri radioattive si sono oramai equamente ridistribuite in ogni metro cubo d'aria che noi tutti respiriamo. - chiarendo - E un fatto scientificamente certificato che si tace a voi, a noi, a tutti. Sono così piccole che possono entrare senza difficoltà nel sangue tramite la respirazione o l'alimentazione per poi insediarsi nel cuore delle nostre cellule colpendone mortalmente il DNA. E un altro fatto scientificamente stabilito."
Nonostante questo, solamente da relativamente poco tempo qualche tribunale ha il coraggio di sentenziare che esiste con "inequivoca certezza" il nesso di causalità tra esposizione all'uranio impoverito e tumori, come ha affermato per esempio nel maggio 2015 la Corte d'Appello di Roma che ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire con 1 milione 300mila euro i familiari di un militare italiano ammalatosi e deceduto dopo aver partecipato ad una missione in Kosovo tra il 2002 e il 2003.
Ad aggravare la situazione il fatto che spesso (quasi sempre) chi spara armi all'uranio impoverito non rivela, neanche a distanza di anni, in quali zone del conflitto sono state utilizzate. Dati necessari per compiere studi epidemiologici, che il governo iracheno vorrebbe condurre visto che in un rapporto del 2014 della Nazioni Unite aveva espresso "la sua profonda preoccupazione per gli effetti nocivi" dell'uranio impoverito impiegato nei conflitti ed esortato i Paesi che avevano utilizzato tali armi a fornire tutte le informazioni necessarie alle autorità locali.
L'appello però è rimasto inascoltato anche se solo pochi giorni fa è stato dimostrato che durante la guerra in Iraq del 2003 gli Stati Uniti hanno utilizzato munizioni all'uranio impoverito non solo contro "carri armati, blindati o altri obiettivi corazzati". Come riporta sempre l'IRIN, in base al Freedom of Information Act il National Security Archive della George Washington University ha ottenuto nel 2013 i documenti contenenti particolari sulle almeno 181.000 cartuccere per munizioni all'uranio impoverito utilizzate nel 2003 dalle dalle forze americane in Iraq (durante la prima guerra del Golfo invece gli USA utilizzarono ben 700.000 cartuccere).
Tali documenti non sono mai stati resi pubblici ma all'inizio del 2016 tali report furono rigirati dalla George Washington University ai ricercatori della l'Ong olandese PAX e a quelli della coalizione internazionale per bandire le armi all'uranio (ICBUW). Le analisi effettuate dal PAX e ICBUW dimostrano quindi che appena il 33,2 per cento dei 1.116 obiettivi USA in Iraq erano carri armati o veicoli blindati. La maggior parte delle munizioni all'uranio impoverito infatti sono state utilizzate dagli americani contro i cosiddetti "soft targets" come automobili e camion ma anche edifici e insediamenti di truppe, e in zone popolate.
Nonostante i danni da munizioni all'uranio impoverito siano ben visibili in Iraq, compresa Baghdad, finora le forze americane non si sono sentiti obbligati a bonificare le aree e neppure a riferire agli iracheni le zone colpite. E questo anche se in diverse città irachene, tra cui Falluja, molti bambini nascono con diversi difetti congeniti (le polveri di uranio impoverito sono così piccole che colpiscono mortalmente il DNA, avvertivano André e Scampa).
Da sottolineare infine che a sparare tali armi DU sono gli stessi jet A-10 che sorvolano ancora oggi l'Iraq e la Siria (e nel 2011 la Libia).
Così, quando il CENTCOM assicura che le circa 5.100 cartuccere con munizioni all'uranio impoverito sono state sparate in Siria il 18 e il 23 novembre 2015 "a causa della natura di obiettivi" riesce difficile credere che siano stati colpiti solo blindati, soprattutto perché proprio in quelle date gli Stati Uniti hanno portato avanti una serie di attacchi contro le infrastrutture petrolifere siriane, distruggendo inoltre centinaia di camion di petrolio tra cui ben 283 solo il 22 novembre. Tale Operazione fu ribattezzata Tidal Wave II, poiché la prima fu una missione di bombardamento aereo da parte dell'Air Force dell'USAAF eseguita durante la Seconda Guerra Mondiale per distruggere le raffinerie di petrolio di Ploiesti in Romania, fondamentali per il rifornimento di carburante alle forze armate tedesche.
Senza contare che in Siria anche Israele avrebbe utilizzato "un nuovo tipo di arma, con uranio impoverito".
Monia Manna