INTRODOTTO NELLA LEGGE PER LE MISSIONI ALL’ESTERO – UN ARTICOLO CHE DERESPONSABILIZZA I MILITARI
Un articolo (precisamente il comma 4 dell’Art. 9 della legge che rinnova le missioni all’estero) sovverte il principio di responsabilità dei militari, ad ogni livello di comando, in totale contrasto con la Legge 382/78 sui “Principi della Disciplina Militare” per la quale il concetto di responsabilità è un concetto cardine. Non possono tra l’altro sussistere delle differenze tra ciò che riguarda i comportamenti all’estero e i comportamenti in Patria. Anzi semmai nell’impiego all’estero deve vigere in modo ancor più cogente il concetto di responsabilità, specie per quanto attiene al “principio di precauzione” a tutela dei propri dipendenti. A Nassirya infatti non venne applicato il principio di precauzione e ne derivò un processo per i responsabili. L’assicurare la massima protezione possibile ai dipendenti è uno specifico compito del superiore (dal generale al caporale). Vale in merito l’Art. 117 del Codice Militare di Pace riguardo al dovere di svolgere i compiti assegnati. Quanto introdotto viene dunque a modificare sostanzialmente leggi esistenti e principi consolidati senza che ciò sia stato nemmeno oggetto di precisazioni nel citato Articolo aggiunto nella legge per le missioni all’estero. L’Anavafaf si rivolgerà al Capo dello Stato, che è anche il Capo delle forze Armate, chiedendo il suo intervento in merito alle modifiche che sono state introdotte con la su menzionata legge.
Il testo dell’Articolo citato recita: “Non è punibile a titolo di colpa per violazione delle disposizioni in materia di tutela dell’ambiente e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro [...] per fatti commessi nell’espletamento del servizio connesso ad attività operative o addestrative svolte nel corso di missioni internazionali, il militare dal quale non poteva esigersi un comportamento diverso da quanto tenuto, avuto riguardo alle competenze ai poteri e ai mezzi di cui affidatigli”.
Falco Accame
(Presidente Anavafaf)
P.S. Il concetto che tutto possa essere giustificato a priori e che comunque è possibile negare qualsiasi addebito, era già noto ai latini che lo espressero con i detti “fac et excusa” e “si fecisti nega”, ma è l’espressione dell’antietica militare. Infatti, al limite, l’etica militare è quella per cui il comandante che si sente colpevole del fatto che la propria nave affondi perché colpita dal nemico si inabissa con essa.
Roma, 1/03/2010
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