Hiroschima, Nagasaki e Fallujah
21/5/2010Il mese scorso, la BBC ha riferito che nella città irachena di Fallujah i dottori stanno riportando un eminente livello di nascite di bambini malformati, con alcuni che accusano le armi usate dagli Stati Uniti durante la sua truce offensiva che nel 2004 lasciò gran parte della città in rovine. “Fu come un terremoto” dichiarò nel 2005 al Washington Post un ingegnere locale candidato ad un seggio dell’assemblea nazionale. “Dopo Hiroshima e Nagasaki, c’è stata Fallujah”. Oggi, il numero di cuori malformati tra i neonati pare essere 13 volte più alto che in Europa. Il corrispondente della BBC ha inoltre rilevato nella città bambini affetti da paralisi e disturbi celebrali e fotografato un neonato con tre teste. Ha aggiunto aver sentito più volte funzionari a Fallujah ammonire le donne a non aver figli. Un dottore ha paragonato dati riguardanti nascite di bambini malformati precedenti al 2003, quando i casi erano all’incirca uno ogni due mesi, ad oggi, quando invece vi sono casi tutti i giorni. “Ho visto filmati di bambini nati con un occhio in mezzo alla fronte, il naso sulla fronte” ha aggiunto.
Un portavoce dell’esercito statunitense, Michael Kilpatrick, ha affermato di prendere sempre in “serie considerazioni” le questioni riguardanti la salute pubblica ma che, “Nessun studio ad oggi, ha evidenziato problemi ambientali risultanti in specifici problemi sanitari”. (1) Si potrebbero scrivere volumi interi con tutti i dettagli degli orrori ambientali ed umani che gli Stati Uniti hanno portato a Fallujah ed altre parti dell’Iraq in questi sette anni d’uso di bombe al Fosforo Bianco, Uranio impoverito, Napalm, bombe a grappolo, bombe al neutrone, armi laser, armi a microonde ad alta energia e tante altre meravigliose invenzioni dell’arsenale fantascientifico del Pentagono... la lista degli abomini e delle mostruose maniere per morire è lunga, lunghissima, la sfrenata crudeltà della politica americana, sconvolgente. Nel Novembre del 2004, l’esercito statunitense colpì un ospedale a Fallujah “perché l’esercito statunitense credeva fosse alla fonte di voci su forti perdite” (2). Alla pari della famosa ed egualmente gloriosa battuta sulla guerra americana in Vietnam: “Dovevamo distruggere la città per salvarla”. Come fa il mondo a fare i conti con tale comportamento disumano? (ovviamente il sopra citato appena sfiora la superficie del curriculum internazionale statunitense.) Per questa ragione, nel 1998 è stata istituita, a Roma, la Corte Penale Internazionale (CPI), in vigore a partire dal 1° Luglio 2002 sotto l’egida delle Nazioni Unite. La Corte è stata stabilita all’Aia, Olanda per investigare ed imputare gli individui, non gli Stati, per i “crimini di genocidio; crimini contro l’umanità; crimini di guerra; o il crimine di aggressione” (Articolo 5 dello Statuto di Roma). Sin dal principio, gli Stati Uniti si sono opposti a diventare membri della CPI e non hanno ratificato la loro posizione, il tutto giustificato dal presunto rischio della Corte di usare scorrettamente i propri poteri per accusare “frivolamente” degli Statunitensi.
I poteri statunitensi erano a tal punto preoccupati dalle accuse che gli Stati Uniti sono andati in giro nel mondo usando un sistema di minacce e mazzette contro gli Stati per indurli a firmare accordi prestanti giuramento di non trasferire alle Corte (CPI) i cittadini statunitensi accusati di aver commesso crimini di guerra all’estero. Solo poco più di 100 governi ad oggi hanno ceduto alla pressione esercitata e firmato l’accordo. Nel Congresso del 2002, sotto l’amministrazione Bush, è passato “l’American Service Members Protection Act” che richiede “tutti i mezzi necessari ed adeguati per portare al rilascio di qualsiasi personale statunitense o alleato detenuto o imprigionato dalla...Corte Penale Internazionale”. In Olanda è generalmente e beffardamente noto come “Invasion of the Hague Act” (3) (Decreto dell'invasione dell’Aia). La legge è ancora nei libri. Nonostante gli Statunitensi abbiano spesso parlato di accuse “frivole” - di persecuzione a sfondo politico contro soldati, appaltatori civili e militari ed ex- ufficiali - è giusto aggiungere che quello che veramente li preoccupa sono accuse “serie” basate su eventi reali. Ma non hanno da preoccuparsi. La mistica di “L’America, la Virtuosa” è ancora apparentemente viva alla Corte Penale Internazionale, come lo è ancora tra molte altre organizzazioni internazionali; di fatto tra la maggioranza della gente di questo mondo.
Nei primi anni, la CPI, sotto il Procuratore Capo Luis Moreno-Ocampo, argentino, respinse centinaia di petizioni accusanti gli Stati Uniti di crimini di guerra, incluse 240 riguardanti la guerra in Iraq. I casi furono respinti per mancanza di prove, mancanza di giurisdizione o per la capacità degli Stati Uniti di condurre le proprie investigazioni ed i propri processi. Apparentemente il fatto che gli Stati Uniti non abbiano mai veramente usato questa capacità non è stato significativo per la Corte. ‘Mancanza di giurisdizione” si riferisce al fatto che gli Stati Uniti non hanno ratificato l’accordo. All’apparenza appare alquanto strano. Possono nazioni commettere impunemente crimini di guerra perché non sono parte di un trattato che mette al bando i crimini di guerra? Hmmmm...Le possibilità sono infinite.
Uno studio congressuale rilasciato nell’Agosto del 2006, concluse che il Capo Procuratore della CPI dimostrava “una riluttanza ad avviare un'investigazione contro gli Stati Uniti” basata su dichiarazioni riguardanti la sua condotta in Iraq (4). Sic transit gloria Corte Penale Internazionale. Riguardo al crimine di aggressione, lo Statuto della Corte specifica che la Corte “deve esercitare la giurisdizione per i crimini di aggressione quando una provvisione è adottata...definendo il crimine e le condizioni sotto le quali la Corte deve esercitare giurisdizione in rispetto al crimine commesso.” In breve, il crimine di aggressione è omesso dalla giurisdizione della Corte fino a quando non viene definita “l’aggressione”. La scrittrice Diana Johnstone ha osservato: “Questo è un argomento specioso, dal momento che il termine aggressione è stato chiaramente definito nel 1974 dalla Risoluzione 3314 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiaranti che: ‘Aggressione è l’uso di forze armate da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato’, ed ha elencato sette esempi specifici,” compresi:
- l’invasione o l’attacco del territorio di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato, qualsiasi tipo di occupazione militare, anche se temporanea, risultante da tale invasione o attacco, o qualsiasi annessione del territorio di un altro Stato o di una sua parte conseguente all’uso della forza, e
- il bombardamento da parte delle forze armate di uno Stato contro il territorio di un altro Stato o l’uso di armi contro il territorio di uno Stato da parte di un altro Stato.
La delibera delle Nazione Unite dichiara inoltre “Nessun tipo di considerazione sia essa politica, economica, militare o non, può servire da giustificazione per il crimine di aggressione”. La vera ragione per la quale il crimine di aggressione rimane fuori dalla giurisdizione della CPI è che gli Stati Uniti, che hanno rivestito un ruolo importante nel redigere lo Statuto, prima di rifiutarsi di ratificarlo, sono categoricamente contrari alla sua inclusione. Non è difficile vederne la ragione. E’ facile notare che casi di “aggressione”, palesemente reali sono molto più facilmente identificabili rispetto a casi di “genocidio”, la cui definizione dipende da supposizioni d’intenzione (5).
A Maggio, a Kampala, in Uganda vi sarà una conferenza della CPI per discutere la questione specifica sulla definizione di “aggressione.” Gli Stati Uniti sono chiaramente interessati alla questione. Qui di seguito, lo scorso 19 Novembre all’Aia, Stephen J. Rapp., Ambasciatore au-Large statunitense per i Crimini di Guerra, si rivolge agli Stati membri della CPI (ad oggi 111 hanno ratificato):
“Sarei negligente se non condividessi con voi le preoccupazioni della mia nazione riguardo una questione rimasta in sospeso, davanti a quest’organismo, alla quale diamo particolare importanza: la definizione del crimine di aggressione che sarà affrontata, l’anno prossimo, alla Conferenza di Revisione a Kampala. Gli Stati Uniti hanno un punto di vista risaputo riguardo al “crimine di aggressione”, che riflette il determinato ruolo e le responsabilità conferite al Consiglio di Sicurezza dallo Statuto dell’ONU nel rispondere all’aggressione o alle sue minacce, nonchè preoccupazione per il modo in cui è formulata la bozza della definizione in sé. La nostra opinione è, e rimane, che nel caso in cui lo Statuto di Roma dovesse emendare per includere un definito crimine di aggressione, che la giurisdizione dovrà seguire la risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza che stabilisce se l’aggressione è avvenuta o meno“.
Capite tutti quello che Mr. Rapp ci sta dicendo? Che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe essere l’organismo determinante se o meno un’ aggressione è avvenuta. Lo stesso organismo in cui gli Stati Uniti hanno potere di veto. Prevenire l’uso di una definizione di aggressione che potrebbe stigmatizzare la politica estera statunitense è probabilmente la principale ragione per la quale gli Stati Uniti presenzieranno a questa prossima conferenza.
Tuttavia, il fatto che gli Stati Uniti parteciperanno alla conferenza sarà sicuramente evidenziato da alcuni come un altro esempio di come la politica estera dell’amministrazione Obama è un netto miglioramento rispetto all’amministrazione Bush. Ma, come quasi tutti tali esempi, è un’illusione di propaganda. Come la copertina della rivista Newsweek dell’8 Marzo, con la scritta a grossi caratteri: “Finalmente la vittoria: l’emergere di un Iraq democratico”. Anche prima dell’attuale farsa elettorale irachena, con candidati vincenti arrestati o in fuga (6) questa testata avrebbe dovuto volgere un pensiero alle interminabili battute statunitensi fatte durante la Guerra Fredda su Pravda e Izvestia.
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Note
1 - BBC, 4 Marzo 2010; Washington Post, December 3, 2005
2 - New York Times, 8 Novembre 2004
3 - Christian Science Monitor, 13 Febbraio 2009
4 - Washington Post, 7 Novembre 2006
5 - Diana Johnstone, Counterpunch, 27/28 Gennaio 2007
6 - Washington Post, 2 Aprile 2010
(Fonte: http://www.informationclearinghouse.info, traduzione per Come don Chisciotte a cura di CAROCINA OPERATOR, segnalato da Arianna Editrice dal Comunicato n°49/10 del 10 maggio 2010, Sant’Antonino del Centro Studi Federici)
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