venerdì 2 maggio 2014

Morto Roberto Mancini, il poliziotto della Terra dei fuochi

TRA I PRIMI A INTUIRE L'INTRECCIO TRA CAMORRA E AZIENDE DEL NORD. M5S: «FUNERALI DI STATO»

È morto Roberto Mancini, il poliziotto che parlò di Terra dei fuochi mentre noi dormivamo

Stroncato da un cancro causato dall'esposizione ai veleni
negli anni 90 durante i primi sopralluoghi in Campania

di Alessandro Chetta

(NdR: ora la contaminazione radioattiva si chiama "riverberi tossici"...)
Roberto ManciniRoberto Mancini
È morto l'agente Roberto Mancini. Combattente silenzioso, uso a obbedirfacendo. Come gli eroi più utili ma anche i più isolati. Mancini, sconfitto all'ospedale di Perugia da un cancro, è stato uno dei primi poliziotti a battersi contro il flagello delle ecomafie. Al modo dei dirigenti con quelle deleghe, è chiaro: rispettando procedure non convocando conferenze stampa. La Terra dei fuochi, il biocidio campano: Roberto, operativo in polizia dagli anni '80, l'aveva intuito quando i magistrati iniziavano solo a tastare il terreno infetto e i media non immaginavano le proporzioni dello sfacelo, un po' com'è accaduto nei cento giorni del genocidio in Ruanda. L'esposizione continuata ai riverberi tossici è certamente la causa principale delle malattie del poliziotto. A «Change.org» la moglie Monika affidò un appello: «Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell’indifferenza delle istituzioni e dell’opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite».
Nei primi anni '90 consegnò un'informativa alla Procura di Napoli in cui rendeva noto ciò che aveva visto e soprattutto respirato tra le province di Napoli e Caserta nel corso di allucinanti sopralluoghi nei siti di stoccaggio di materiale, anche radioattivo, e in discariche anarchiche più che illegali. Fu tra i primi a indicare nel perverso intreccio camorra-aziende del nord la chiave di volta della strategia del veleno quando in tanti si pensava che i traffici sporchi se li sorbisse giusto la Somalia. Quell'informativa è rimasta lettera morta fino a tre anni fa quando è stata inserita negli atti del processo per inquinamento della falde acquifere contro i mammasantissima dei rifiuti cancerogeni, tra cui Cipriano Chianese. Mancini ha fatto, anni dopo, anche causa alla Camera dei Deputati dove lavorava dal '97 al 2001 in qualità di consulente per la Commissione rifiuti (e quindi rappresentava il braccio 'secolare' delle istituzioni: verifiche e ispezioni sui luoghi d'inferno spettavano a lui).
Mancini intervistato dalle «Iene»Mancini intervistato dalle «Iene»
Il contenzioso legale era giustificato dal fatto di aver ricevuto come indennizzo per malattia derivante da «causa di servizio» la somma ridicola di cinquemila euro. Il web si è mobilitato contro la beffa. Sono state raccolte con 50mila firme: non è servito.
«È stato ucciso dallo stesso male che ha cercato di combattere. Il primo pensiero va alla famiglia a cui ci stringiamo silenziosamente in un momento di dolore che non trova parole per esprimersi» scrivono i deputati del M5s Camera in un post pubblicato sul blog di Grillo/Parlamento 5 stelle. I parlamentari «chiedono e pretendono» i funerali di Stato per il poliziotto, quale dovuto omaggio e saluto ad uno dei migliori investigatori dei recenti anni. La sua lotta non finisce qui pero', la porteremo avanti, perche' la monnezza non siede solo in strada».
Di recente Mancini era stato intervistato anche da Nadia Toffa delle Iene. Il poliziotto parlò in sostanza di inazione dello Stato; un apparato politico-burocratico narciso e cinico che sembra muoversi solo quando s'apparecchia il set con le telecamere. Quando il circo mediatico non c'è o ha levato le tende tocca ai Mancini riaprire il sipario o rassettare dietro le quinte. Il senso del dovere non basta, altrimenti saremmo salvi. Occorre santa passione civile.

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