venerdì 24 marzo 2017

Fukushima sei anni dopo: il Pacifico contaminato

Fukushima sei anni dopo

Eduard Rodríguez Farré e Salvador López Arnal | rebelion.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

11/03/2017

Il Pacifico contaminato

Il disastro, la catastrofe nucleare di Fukushima, ha contaminato il più grande oceano del mondo in soli sei anni [1].

Ricordiamo brevemente che cosa è accaduto [2]: nel 2011, un terremoto – si è detto che probabilmente fu una ripetizione del terremoto del 2010 in Cile - genera uno tsunami che causa un crollo nella centrale nucleare della TEPCO (Tokyio Electric Power Company) a Fukushima, in Giappone, con sei reattori nucleari, di cui tre vanno in fusione. Quello che accade dopo è il più grande rilascio di radiazioni in acqua della storia mondiale: il materiale radioattivo, in alcuni casi in quantità ancora maggiore rispetto a Chernobyl, filtra nell'Oceano Pacifico.

La quantità, è ragionevole ipotizzare alla luce di quanto sappiamo oggi, potrebbe essere molto più grande rispetto alle stime ufficiali giapponesi, che per molti scienziati sono alquanto imprecise.

Fukushima continua ancora oggi a rilasciare circa 300 tonnellate di rifiuti radioattivi in mare, nel Pacifico. Quotidianamente. E continuerà a farlo in futuro. Il punto di origine della perdita non può essere sigillato. E' inaccessibile tanto ai lavoratori (disperati o inconsapevoli, in molti casi, del rischio che corrono nello svolgere questo lavoro) che ai robot, a causa delle temperature estremamente elevate.

Fukushima potrebbe diventare il peggior disastro ambientale nella storia dell'umanità, ma viene a mala pena menzionato dalla maggior parte dei politici istituzionali e dai molti scienziati non interessati, oltre ad essere assente dalle notizie dei media mainstream. Una possibile spiegazione: la TEPCO, proprietaria dell'impianto colpito e di molte altre centrali nucleari giapponesi, una grande corporation, può senza dubbio esercitare un controllo forte, diretto o indiretto, sulle società dell'informazione e su molti politici.

Anche se non possiamo sentire direttamente le radiazioni, che non si vedono, né hanno odore, alcune zone della costa occidentale del Nord America conviveranno per anni con i loro effetti. Naturalmente, i funzionari del governo affermano che Fukushima non ha nulla a che vedere con quello che è successo, anche se le radiazioni nei tonni dell'Oregon sono triplicate dopo il disastro. Già nel 2012 fu pubblicata in una delle riviste scientifiche più prestigiose, la PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), la notizia che i tonni del Pacifico assorbono radionuclidi di Fukushima, rilevando in quelli pescati in California quantità di cesio radioattivo 10 volte superiori (un incremento del 1000 %!) a quelle determinate prima dell'incidente nucleare. [3]

Radiazioni

La stessa TEPCO ha annunciato qualche settimana fa di aver osservato livelli record di radiazioni e un buco in una parte metallica all'interno del sarcofago del reattore 2 [4].

Verso la fine di gennaio, in questa unità è stata inviata una piccola telecamera. L'analisi delle immagini filmate ha permesso di dedurre che in una parte del sarcofago "le radiazioni possono raggiungere i 530 sievert per ora" (un essere umano esposto a una tale radioattività morirebbe quasi all'istante).

Il sievert (Sv), ricordiamolo brevemente, è il nome - in onore del fisico svedese Rolf Sievert, un pioniere della radioprotezione - dell'unità di misura della dose equivalente di radiazione nel Sistema Internazionale. Esso tiene conto delle caratteristiche del tessuto irradiato e della natura della radiazione. Costituisce l'unità paradigmatica nella protezione contro le radiazioni ionizzanti, poiché sebbene con alcune limitazioni, tenta di esprimere il rischio degli effetti stocastici (cioè, casuali) associati all'insieme delle situazioni di possibile esposizione. In pratica, il sievert è la dose di energia assorbita (gray) moltiplicata per un fattore di ponderazione specifico di ogni radiazione e organo o tessuto (equivale a 100 rem, la vecchia unità di misura di dose equivalente; rem: roetgen equivalent man). Il concetto inerente a questa unità di misura è che la stessa quantità di energia assorbita può determinare effetti molto diversi a seconda del tipo di radiazione e dell'organo esposto. Il fattore di ponderazione dei fotoni gamma e degli elettroni è 1, mentre quello dei protoni è 5 e quello delle particelle alfa sale fino a 20. Infatti, il Sv è una grandezza molto elevata e solitamente si utilizzano i sottomultipli millisievert (mSv, 1 Sv = 1000 mSv) e i microsievert (μSv, 1 mSv = 1000 µSv). Conviene tener presente - spesso lo si fraintende o usa erroneamente - che, per definizione, il sievert può essere utilizzato solo per valutare il rischio di effetti stocastici negli esseri umani, ma non su fauna e flora.

Riprendiamo il filo del discorso. C'è un margine di errore nella cifra segnalata (530 Sv/h), cioè il livello potrebbe anche essere inferiore del 30%. "Ma è ancora alto", ammette il portavoce di TEPCO, Tatsuhiro Yamagishi.

L'ultimo valore, registrato nel 2012 in altre parti del reattore 2, era, anche secondo la TEPCO, di 73 sievert. Il livello estremamente alto di radiazioni rilevate in un luogo, se esatto, "può indicare che il combustibile non è lontano e che non è coperto dell'acqua", ha dichiarato all'emittente pubblica NHK Hiroshi Miyano, professore dell'Università di Hosei, che presiede una commissione di studi per lo smantellamento della centrale.

Ha anche trovato un buco, un quadrato di un metro di lato, in una piattaforma metallica situata nel sarcofago, sotto la vasca che contiene il nocciolo del reattore. Ipotesi ragionevole: potrebbe essere stato causato dalla caduta di combustibile, che avrebbe fuso e forato il contenitore.

I reattori 1, 2 e 3, lo ricordiamo, sono stati i più danneggiati nel 2011 e causarono un massiccio rilascio di sostanze radioattive. Non è ancora stato localizzato il combustibile che presumibilmente si è fuso in quelle tre unità delle sei, ricordiamo, che possiede la centrale danneggiata.

Salute

A dispetto delle informazioni del complesso politico-industriale elettronucleare che sostengono non esserci rischi per la salute umana e ambientale a causa della radioattività di Fukushima, esistono - sia pure scarsi - studi pubblicati sulle più rigorose riviste scientifiche che mostrano tutto il contrario.

L'impatto sulla salute pubblica, ancora negato da molteplici esigenze di "sicurezza nucleare", continua a crescere inesorabilmente secondo le previsioni che la scienza radiobiologica e l'esperienza degli incidenti precedenti permettono di avanzare.

Così, il primo effetto previsto a causa del rilascio di iodio-131 è l'aumento del cancro alla tiroide nei bambini e nei giovani a partire dal 3°/4° anno dall'incidente. E, in effetti, lo studio epidemiologico pubblicato rileva questa realtà. Tsuda e altri [5] hanno studiato la prevalenza del cancro alla tiroide in 298.577 soggetti sotto i 19 anni dell'area di Fukushima tra il 2011-2014 e trovato un incremento di 30 volte - variabile a seconda della sottoarea – rispetto la prevalenza prevista dagli indici del resto del Giappone in quello stesso periodo.

I 110 casi diagnosticati alla fine del 2014 continuano ad aumentare, perché non tutta la popolazione della zona è stata controllata. Nei prossimi anni sono attesi altri effetti, tutti dannosi.

Costi

Il costo di smantellamento e di risarcimento ai residenti e la decontaminazione ambientale dopo l'incidente-catastrofe nucleare supererà di 170 miliardi di euro rispetto quanto inizialmente previsto, come annunciato da fonti autorevoli al canale televisivo NHK [6].

Vedremo le cifre definitive, verificheremo la loro attendibilità. La stima è approssimativamente il doppio di quella dichiarata alla fine del 2013 dal Ministero dell'Industria giapponese. Le revisioni non finiscono qui. TEPCO in un primo momento aveva dichiarato che lo smantellamento e le opere sul luogo del disastro sarebbero costate quattro volte meno di quanto stimato adesso, vale a dire circa 70 miliardi di euro.

Questo è importante per comprendere ciò che significa, per l'uomo ed economicamente, recuperare il combustibile che si è fuso in tre unità e bonificare il meglio possibile il sito e il territorio, cosa che richiederà tre o quattro decenni (non ci sono date precise).

In realtà, un comitato di esperti nominato dal governo giapponese aveva già avvertito in ottobre che il costo sarebbe stato di molto superiore alla previsione iniziale. Sono una parte delle "esternalità", si pensi alla pubblicità atomica e alle affermazioni degli "intellettuali organici", dell'industria nucleare: "a buon mercato, sicura e pacifica". Che truffa!

Collasso

Migliaia di chilometri quadrati di territorio intorno al complesso nucleare di Fukushima-Daiichi sono attualmente considerati zona di esclusione, dove è consentito solo l'eventuale passaggio sotto la propria responsabilità e in cui è vietata la residenza [7]. Ottantamila profughi atomici - l'espressione è più che adeguata - sono stati reinsediati in altre zone dal governo giapponese.

Oltre alla profusione di segnalazioni sul pericolo di contaminazione, le autorità giapponesi hanno dispiegato in alcune zone delle barriere di plastica trasparente per segnare il confine. I documentaristi Carlos Ayesta e Guillaume Bression, un venezuelano e un francese residenti in Giappone, hanno regolarmente viaggiato lungo la zona di esclusione dal 2011 e hanno lanciato un progetto online dal titolo "Fukushima, No Go Zone". Hanno realizzato una video inchiesta sulle conseguenze umane e ambientali della crisi. "L'incidente è tutt'altro che concluso, sia nella centrale che tra i profughi nucleari", avvertono.

Questi fotografi hanno raccolto in Retracing Our Steps–Fukushima Exclusion Zone 2011–2016 (Tornando sui nostri passi. La zona di esclusione di Fukushima, 2011-2016), "un'antologia delle visite e un inventario degli incontri avuti con gli evacuati, persone espulse dai loro luoghi di residenza dopo il disastro" [8]. Mostra il terribile paesaggio dopo l'incidente-battaglia atomica: paesaggi incontaminati dove non ci sono macerie, rovine, né resti di un disastro tangibile, ma una sensazione di desolazione assoluta.

Carlos Ayesta e Guillaume Bression cercano di far rivivere "le emozioni degli ex residenti nel caso di un ritorno alle loro case, scuole o nei supermercati dove compravano tutti i giorni". Con l'acquiescenza di chi ha accettato di tornare per riprendere delle immagini, "hanno portato le persone della zona in quei luoghi e li hanno invitati a posare come se nulla fosse accaduto".

Le immagini colpiscono: "Una donna posa con un carrello della spesa in un supermercato in cui le confezioni alimentari sono ancora sugli scaffali, un adolescente ascolta musica nel negozio dove comprava i dischi, un impiegato finge di parlare al telefono nel suo ex luogo di lavoro... Tutti sembrano statue di cera, con gli sguardi fissi e increduli, in luoghi dove il tempo si è fermato".

Una testimonianza diretta, quella di Shigeko Watanabe: "Ora sono abituato, ma in un primo momento non riuscivo nemmeno a rimanerci un'ora qui, nella mia vecchia tipografia. Pensavo di poter tornare a viverci di nuovo, ma tutti i miei vicini hanno comprato casa altrove e nessuno prevedeva di tornare (...) Questa zona è un pezzo di niente e a nessuno importerebbe se scomparisse.

Centinaia di migliaia di sacchetti di plastica neri, accatastati nella zona, contengono 25 milioni di metri cubi di materiali e terreno potenzialmente contaminati.

Robot

Le sonde robotiche inviate in uno dei reattori nucleari danneggiati hanno rivelato difficoltà maggiori del previsto per l'opera di bonifica dell'impianto [9].

Il robot "scorpion" a controllo remoto è andato nella vasca di contenimento del reattore dell'unità 2 per indagare l'area intorno al nucleo che si è fuso sei anni fa. Il dispositivo è andato in avaria quando era tra i detriti radioattivi.

Dotato di un dosimetro e di due piccole telecamere, il robot è stato in grado di trasmettere alcuni dati e immagini, ma non di trovare il combustibile nucleare fuso, un'informazione chiave per capire come rimuovere i detriti dal reattore.

Il robot è stato abbandonato nella vasca in un punto che non blocca l'accesso a un altro dispositivo simile in futuro. Nelle ultime settimane, le prime analisi hanno individuato danni strutturali ai percorsi previsti per i robot e più radiazioni del previsto, il che implica che dovrebbero essere rivisti i progetti e i sistemi dei robot.

Come accennato, l'altra macchina progettata per eliminare i detriti a favore del dispositivo principale, la sonda "scorpion", è dovuta tornare a metà del lavoro in quanto due delle sue telecamere erano divenute inservibili dopo due ore, in cui l'esposizione totale alle radiazioni aveva raggiunto il livello di tolleranza massima di 1.000 sievert (la durata prevista del robot era di 10 ore, o 100 sievert per ora).

Le immagini riprese mostrano danni e strutture coperte da materiale, "forse mescolato con il combustibile nucleare fuso e parte di una piattaforma a forma di disco collegata al nucleo, anch'esso fuso". (…)

Note

1) http://www.ecoportal.net/Eco-Noticias/La-radiacion-de-Fukushima-ha-contaminado-todo-el-Oceano-Pacifico-y-se-pone-cada-vez-peor

2) Una exposición más detallada: Eduard Rodríguez Farré y Salvador López Arnal, Ciencia en el ágora, Barcelona, El Viejo Topo, 2012, capítulo VI.

3) D. J. Madigana, Z. Baumann & N.S. Fisher: Pacific bluefin tuna transport Fukushima-derived radionuclides from Japan to California. PNAS 109(24), 9483–9486 (2012).

4) http://www.rebelion.org/noticia.php?id=222511

5) T. Tsuda, A. Tokinobu, E. Yamamoto & E. Suzuki: Thyroid Cancer Detection by Ultrasound Among Residents Ages 18 Years and Younger in Fukushima, Japan: 2011 to 2014. Epidemiology 27(3), 316-322 (2016)

6) https://www.afp.com/es/noticias/211/desmantelar-fukushima-costara-170000-millones-mas-de-lo-previsto

7) http://www.ecoportal.net/Eco-Noticias/Fukushima-mil-kilometros-cuadrados-envueltos-en-plastico

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