mercoledì 8 giugno 2011

Nucleare. Intervista al Prof. Alberto B. Mariantoni

Politica - Politica Nazionale

(ASI) I prossimi 12 e 13 giugno gli italiani saranno chiamati a esprimersi con un referendum sulla possibilità che il nostro Paese persegua una politica energetica nucleare.

Molte voci si stanno spendendo sul tema, riaprendo un dibattito che si era chiuso nel 1987, quando un altro referendum sancì, di fatto, l’abbandono, da parte dell’Italia, del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico. La questione tornò d’attualità nel 2008, anno il cui il governo Berlusconi decise di iniziare un iter legislativo teso al ripristino della produzione elettronucleare. Il fronte del no al nucleare, trasversale e incalzante, denuncia le potenzialità dannose che avrebbero centrali nucleari situate nel nostro territorio. Tuttavia, non tutti sanno che già attualmente in Italia il rischio di calamità nucleari non è affatto remoto, sebbene non siano attive centrali da quasi venticinque anni. Il professor Alberto Bernardino Mariantoni, esperto di politica estera e relazioni internazionali, per vent’anni inviato speciale in Vicino Oriente e corrispondente permanente presso le Nazioni Unite di Ginevra, ne individua il motivo nella presenza delle basi USA e Nato entro i nostri confini.

Professore, anzitutto ci chiarisca un equivoco. Si è molto dibattuto intorno al numero di basi USA presenti in Italia. Lei è autore di un’inchiesta dalla quale ne emergerebbe un numero che tuttavia molti osservatori hanno ridimensionato. Può spiegarci come stanno le cose dal suo punto di vista?

Cosa hanno “ridimensionato”? Ma sta scherzando? Certo, alcuni “osservatori”, come li chiama lei – e per la maggior parte anonimi… come sottolineo io – ci hanno provato e continuano sistematicamente ed interessatamente a provarci. Purtroppo per loro, con sole chiacchiere, sofismi dialettici o concettuali ed “arrampicamenti vari sugli specchi”… Affermando, ad esempio, che alcune di quelle che io chiamo basi, sarebbero in realtà dei “distaccamenti” o delle “sezioni militari” di “basi madre” più importanti, o semplici caserme italiane dove sarebbero acquartierati considerevoli e qualificati contingenti militari USA, o banali antenne radar, o centri di ascolto del sistema Echelon (sempre sotto controllo USA). Ma, per l’essenziale, la mia ricerca – sostenuta da fatti, prove e documentazioni incontrovertibili ed inoppugnabili – è sempre all’ordine del giorno, per inficiare o sbugiardare certe illazioni o diffamazioni.

Come le venne in mente di impegnarsi a realizzare la sua ricerca?

L’input per cercare di realizzare una ricerca sulle basi e/o le installazioni logistiche e militari Usa/Nato in Italia ed in Europa, ed Usa nel Mediterraneo, mi venne da una classica “soffiata”. In particolare, da un’imbeccata confidenziale di un Alto ufficiale della SETAF (Southern European Task Force) che mi fece avere una lista di basi, allora classificata Top Secret. Siccome, per principio, non mi fido di nessuno – e come sottolinea l’adagio, "Amicus Plato, sed magis amica veritas" = Platone mi è caro, ma la verità mi è ancora di più cara (Aristotele, Etica a Nicomaco, I, 4/1) – presi il coraggio a quattro mani ed andai a verificare de visu quanto mi era stato formalmente indicato. Capisce, quella “lista” poteva pure essere una provocazione, un tentativo di disinformazione o di manipolazione, per screditarmi professionalmente. Insomma, per evitare quel genere di rischi, presi il mio paziente “bastone di pellegrino” e, in sei o sette mesi di intense investigazioni e di sopralluoghi a mie spese, riuscii a realizzare, nel 2003/2004, l’inchiesta di cui stiamo parlando. La sintesi descrittiva di quella mia indagine, apparve, per la prima volta, sul numero 3, Ottobre-Dicembre 2005, della rivista di studi geopolitici, Eurasia. Questo, il link della rivista in questione: http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/numeri/EEkZAuuEEVgwWsJacN.shtml Quella mia ricerca, oltre a numerosissimi siti internet, venne ugualmente e successivamente ripresa, nel 2008, anche da Jura Gentium (rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale), a questo link: http://www.juragentium.unifi.it/it/surveys/wlgo/marianto.htm Last but not least, nel Maggio 2008, il programma televisivo Matrix (Canale 5 - Mediaset), allora diretto e condotto da Chicco (Enrico) Mentana, vi dedicò addirittura un’intera trasmissione. E con i giornalisti Roberto Pavone e Chiara Cazzanica, cercò parimenti, senza riuscirci, di minimizzare il significato ed il senso della medesima ricerca. Del reportage realizzato da questi ultimi, essendo da tempo inspiegabilmente scomparso dagli archivi video di quella trasmissione, ne troverà una sintesi privata su questo youtube: http://www.youtube.com/watch?v=zta5359CHhA

Come spiega, allora, che nella sua lista, vi siano comunque alcune basi Usa/Nato che, in realtà, non esistono o sono inesattamente situate o impropriamente riferite?

Vede, pur ribadendo la serietà e l’accuratezza della mia ricerca, non ho nessun problema a confessare che nella lista originale delle basi e/o delle installazioni militari o logistiche USA e/o NATO (sotto controllo USA) da me pubblicata nel 2005, ci siano effettivamente alcuni errori. La ragione è semplice da spiegare: quegli “errori” furono, da me, volontariamente e vistosamente inseriti nella lista, per salvaguardare l’anonimato e l’incolumità del mio informatore iniziale. E, soprattutto, per impedire che Big Brother potesse risalire fino a lui e creargli dei problemi. In ogni caso, per rispondere in blocco a tutte le diverse e variegate “contestazioni” che, fino al 2008, mi erano state sollevate, ed evitare che – da quelle studiate ed interessate insinuazioni e calunnie – potessero scaturire ulteriori ed antipatici qui pro quo, mi decisi a pubblicare una dettagliata messa a punto della mia stessa inchiesta sul sito web del Coordinamento Progetto Eurasia (CPE) che troverà su questo link: http://www.cpeurasia.eu/305/basi-americane-in-italia-una-messa-a-punto Questo, naturalmente, senza contare che è stato il Pentagono stesso – in un suo documento ufficiale del 2007 (Department of Defense - Base structure report fiscal year 2007 baseline) – a confermare indirettamente la validità e la fondatezza della mia ricerca, come ognuno potrà facilmente verificare su questo link: http://www.defenselink.mil/pubs/BSR_2007_Baseline.pdf

Sostiene che in alcune di queste basi vi siano armi atomiche? Se sì, dove e in che quantità?

Non soltanto lo sostengo, ma – fino a prova del contrario – lo confermo e lo ribadisco. In altre parole, al momento della mia ricerca iniziale (2003/2004) e, almeno, fino a tutto il 2008, i Depositi nucleari statunitensi, in Italia, contavano (e contano ancora?) all’incirca 90 bombe, del tipo B-61-3, B-61-4 e B-61-10, (tutte unicamente sganciabili da caccia-bombardieri), con potenza media fra i 45 ed i 107 kilotoni, di cui 50 testate dislocate presso la base di Aviano, in provincia di Pordenone, e 40 in quella di Ghedi-Torre, in provincia di Brescia.

Queste armi possono essere usate dallo Stato italiano?

Ufficialmente, mia conoscenza, no! Il che non esclude che sulla base di uno dei numerosi Accordi segreti che sono stati siglati, dagli anni ’50 ad oggi, dal Servizi segreti Usa e quelli italiani, e mai ratificati dal Parlamento (art. 80 della nostra Costituzione) né dal Presidente della repubblica (art. 87), l’aviazione italiana – come forza militare della Nato e su ordine espresso di Washington – le possa utilizzare.

Reputa il cosiddetto Weapons Storage and Security System (WS3) un sistema efficace a scongiurare i rischi dovuti alla presenza di armi atomiche? Spieghi anzitutto in cosa consiste il WS3…

Come la stessa frase inglese lo indica, si tratta di un sistema di sicurezza per lo stoccaggio (sotterraneo) delle armi (atomiche). Messo a punto già dal 1976 e divenuto operativo nel 1988, il sistema in questione – interamente realizzato dalla ditta statunitense Bechtel International Inc. – permette l’immagazzinamento di testate nucleari, all’interno di tunnel individuali e compartimentati, scavati nel sottosuolo. Quel genere di gallerie sotterranee, nel gergo militare statunitense, posseggono anche un nome: Weapon Storage Vaults (WSV) o Sotterranei (a volta) di stoccaggio di armi. Gli Usa ne posseggono all’incirca 204 in tutta l’Europa, di cui 2 in Italia (Ghedi-Torre e Aviano). Quello di Rimini (il 3° che esisteva in Italia) è stato dimesso nel 1993. Ora, affermare che si tratti di un sistema di sicurezza, sicuro al 100%, a me sembra una scommessa! Chi potrebbe garantirlo, con assoluta certezza? Con il nucleare, come sappiamo, non si è mai sicuri di nulla. Certo, finché non succede niente o non vi sono incidenti o possibili fatalità o disgrazie, il sistema in questione può essere considerato sicuro. Ma, il giorno che dovesse esserci un qualunque problema, tecnico o umano, il numero e la potenzialità di quelle armi stoccate sul nostro territorio potrebbe improvvisamente ed imparabilmente trasformarsi in un’immane e funesta catastrofe generalizzata per l’intero nostro Paese!

E’ vero che anche nel mar Mediterraneo, entro le nostre acque territoriali, vi sono centrali nucleari che approdano nei nostri porti?

La maggior parte delle unità navali statunitensi, appartenenti alla loro 6ª Flotta del Mediterraneo, che sono (permanentemente o saltuariamente) ormeggiate nei nostri porti (Livorno, La Spezia, Gaeta, Napoli, Taranto, Sigonella, etc.) o scorazzano indisturbate all’interno dell’antico Mare nostrum, sono a propulsione nucleare. In modo particolare, l’intera flotta sottomarina Us-Navy che fino a qualche tempo fa era basata a La Maddalena-Santo Stefano (Sassari) e che, essa stessa, è stata costretta ad abbandonare, a causa dell’alto inquinamento che aveva prodotto in quelle acque. Ognuna di quelle imbarcazioni (incrociatori, portaerei e sommergibili), inoltre, è ordinariamente equipaggiata con non meno di 10 o 20 o 30 missili a testata nucleare del tipo Cruise Tomahawk, la cui capacità distruttiva di ognuno, supera largamente di 10 volte le bombe atomiche che furono sganciate dagli Usa, su Hiroshima e Nagasaki, nell’Agosto del 1945. Insomma, l’Italia – che ufficialmente, fino ad oggi, è un Paese denuclearizzato e la maggior parte dei suoi cittadini pensa addirittura, con uno dei referendum del 12 e 13 Giugno prossimi, di continuare a ratificarne la moratoria – è, nell’ignoranza e/o nell’indifferenza di ognuno, una vera e propria polveriera atomica, pronta ad esplodere in qualsiasi momento ed a cancellare definitivamente il nostro Paese dalla faccia della Terra. Questo, ovviamente, senza contare gli innumerevoli pericoli che, in tempi normali, l’eventuale fuga involontaria ed incontrollata di radiazioni potrebbe irrimediabilmente causare per la salute dei cittadini.

Queste unità sono impegnate attualmente in operazioni militari? Se sì, che tipo di pericoli possono derivare da questo fatto?

Molte delle unità navali della 6ª Flotta americana sono al momento impegnate militarmente a ridosso delle coste libiche, nel tentativo, unilaterale, arbitrario ed illegale – e non affatto giustificato, come spesso si tende erroneamente a credere, dalla “Risoluzione 1973” del Consiglio di sicurezza dell’ONU! – di costringere il Leader della Giamahiriya, Gheddafi, ad abbandonare il potere. E questo, nonostante il largo e provato sostegno che quest’ultimo continua a mantenere tra la popolazione del suo Paese, specialmente in Tripolitania. E’ vero che, allo stato attuale, le FF.AA. libiche (o quel che ne resta dopo 3 mesi di intensi e distruttivi bombardamenti Nato) non sembrano avere una qualsiasi capacità offensiva o controffensiva nei confronti della marina statunitense ed alleata (Francia + Gran Bretagna), ma se – per pura ipotesi – un missile o un’improvvisa ed imparabile azione kamikaze riuscisse comunque a centrare una qualunque di quelle navi da guerra con i loro arsenali atomici imbarcati, che succederebbe? Lascio volentieri al lettore, la possibilità di immaginare, a piacimento, l’intensità e l’ampiezza dell’eventuale catastrofe che ne potrebbe derivare, per la maggior parte di Paesi dell’area mediterranea!

A quasi settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale come si spiega l’occupazione, da parte delle forze militari statunitensi, dei nostri territori?

Si spiega semplicemente con il fatto che l’Italia è uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale. Quella guerra, infatti, noi Italiani – volens, nolens – l’abbiamo persa tutti. Anche coloro che pensano o credono (ingenuamente) o lasciano furbescamente credere (per la platea) di averla vinta dalla parte degli effettivi vincitori. Anche coloro che, nel 1945, non erano ancora nati. Anche coloro che, oggi – non solo non sono stati ancora concepiti, ma – non sono stati nemmeno immaginati, desiderati o vagheggiati dai loro possibili o probabili genitori! Questa, purtroppo, è la triste realtà… Per cercare di comprendere quanto sto tentando di trasmetterle, mi permetto di segnalarle questo mio vecchio articolo, intitolato: “8 Settembre… Liberiamoci dal tradimento” (http://www.abmariantoni.altervista.org/storia/h_8_Settembre_1943.pdf). Una volta letto e meditato, capirà il motivo per il quale l’Italia continua ad essere considerata da Washington come una sua colonia, ed i nostri soldati – che sono impegnati nelle varie “missioni militari” all’estero, in “guerre per la pace” (sic!) – dei banali Ascari o Meharisti del suo “Impero”.

Alla luce di quanto ci ha spiegato, ritiene che le campagne contro la costruzione di centrali nucleari abbiano un senso?

Non credo abbiano un senso… Al contrario, tendo piuttosto a considerare quelle campagne (ed il resto delle competizioni elettorali che si svolgono nel nostro Paese), il classico e proverbiale “coniglio di pezza” che è fatto ciclicamente e studiatamente “galoppare” davanti ai musi attoniti ed incuriositi dei soliti “levrieri scemi” della nostra svigorita ed ottenebrata società. Questo, per meglio continuare a nascondere o ad occultare, agli occhi dell’uomo della strada, il vero problema irrisolto del nostro tempo: quello, in particolare, dell’assoluto e non negoziabile recupero della nostra Libertà, Indipendenza, Autodeterminazione e Sovranità politica, economica, culturale e militare, sia come Nazione che come Stato. Senza quell’indispensabile, centrale e vitale riscatto – non solo dovremo continuare, in coatta o rassegnata sopportazione, a vivere e ad operare sine die all’interno della medesima “gabbia” che gli Usa ci hanno riservato dal 1945, ma – qualsiasi obiettivo (politico, economico, culturale e militare) che ci potrebbe essere proposto, consigliato o suggerito dai maggiordomi (di destra, di sinistra, di centro, di centro-destra o di centro sinistra) che seguitano a “governarci” per conto terzi, continuerebbe ad essere, come negli ultimi sessantasei anni, praticamente inaccessibile, irraggiungibile o inconseguibile. E nel migliore dei casi, nullo e non avvenuto!

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